Las Vegas, Gennaio 2020 – 180.000 partecipanti. 4.500 espositori. 270 mila metri quadrati di fiera. 6 giorni a correre su e giù per la Strip. 1 progetto speciale da esporre (messaggio promozionale: Generali Jeniot).
Se c’è un posto che riesce a farti sentire al centro del mondo dell’innovazione, della tecnologia, del futuro, non può essere molto diverso dal Consumer Electronics Show.
La cornice di Las Vegas non fa che alzare il volume di ogni sensazione di qualche decibel e le giornate in fiera volano tra centinaia di contatti nuovi, alcune scoperte di idee interessanti da approfondire e altre di cui viene solo da chiedersi perché…
Tra gli eventi della settimana, uno era cerchiato da tempo in rosso nella mia agenda: la tavola rotonda intitolata “Chief Privacy Officer: What Do Consumer Want?“
Erin Egan (Facebook), Jane Horvath (Apple), Susan Shook (Procter & Gamble) e Rebecca Slaughter (Federal Trade Commision) partecipano all’ora di discussione moderata da Rajeev Chand (Wing Venture Capital) su come la gestione della privacy sia un imperativo di business per tutte le aziende di consumo.
“Il futuro è privato” (Facebook) e “la privacy è un diritto umano” (Apple).
Come possono le imprese gestire la privacy su larga scala? La regolamentazione continuerà ad essere così frammentata? Ma soprattutto cosa chiedono i consumatori?
La sessione apre così la finestra sull’approccio che due delle imprese Big Tech più rilevanti al mondo hanno rispetto alle tematiche di privacy oggi – o almeno quello che vogliono raccontare all’esterno.
Sull’impietoso confronto con i diversi standard di trasparenza che un brand non digitale come P&G deve sostenere. Sul pragmatismo che l’agenzia di controllo cerca di adottare nonostante una lotta ad armi impari (la commissione oggi conta 50% in meno di risorse rispetto all’amministrazione di Ronald Reagan – anni ’80).
Invece di riportare i miei appunti disordinati, vorrei permettervi di entrare nelle parole di quella conferenza attraverso un piccolo quiz:
“Sapresti associare le citazioni a chi le ha dette?”
Un futuro possibile per la Privacy by Design?
C’era una domanda che avrei voluto fare a fine conferenza, ma sono stato anticipato da un inviato del Washington Post, un giornalista francese e un paio di blogger.
Ascoltando la conversazione, ho cominciato a interrogarmi sull’idea di Privacy by Design, il principio di incorporazione della privacy nella progettazione e nello sviluppo di processi di innovazione.
È sicuramente confortante vedere come Apple e Facebook considerino Privacy by Design una dottrina completamente calata all’interno del proprio modus operandi.
È però evidente come, se fosse stato sempre così, non ci troveremmo oggi a parlare di un problema di consumer privacy. La ragione stessa che ci ha portato a questa conferenza è il fatto che proteggere la privacy dei propri consumatori non sia stata una priorità per le big tech per troppo, troppo tempo.
Sarei stato quindi curioso di sapere, quando, in quale giorno di quale mese, esattamente è stato deciso di adottare politiche di Privacy by Design? Da quanto tempo esistono team dedicati? Quali sono i risultati finora e gli obiettivi di medio/lungo termine?
Il tema è estremamente ampio e complesso e non riguarda solo le logiche decisionali e i voraci principi che hanno segnato la crescita esponenziale delle Big Tech negli ultimi vent’anni, ma anche il livello di allerta che come consumatori gli abbiamo finora attribuito.
Un quadro su Google Trends
Non si può considerare tardiva questa ammissione e assunzione di responsabilità da parte di società come Facebook e Apple senza notare allo stesso tempo come l’attenzione del pubblico sia stata per molto tempo sopita.
Per curiosità ho provato a verificare i volumi di ricerche sul tema “Privacy by Design” su Google Trends e il quadro racconta un pressoché costante disinteresse per dieci anni, fino a una crescita netta a partire nel 2016 e il picco nella prima metà del 2018 (periodo che coincide con la pubblicazione delle inchieste sul caso Cambridge Analytica).
Meglio tardi che mai?
Di fatto è stato quel genere di conferenza che lascia più domande che risposte. Riuscirà mai il consumatore a riprendere il controllo dei propri dati personali? Quanto ci si può fidare delle intenzioni e dei buoni propositi di chi ha dimostrato di non avere mai avuto la nostra privacy tra le proprie priorità? Come dare fiducia a chi mantiene un business model basato sull’utilizzo sempre più capillare dei nostri dati e predittivo dei nostri comportamenti?
E infine, forse anche per il contrasto degli approcci tra realtà digitali come Facebook e Apple rispetto a P&G, viene da chiedersi: quanto continueremmo ad accettare questi comportamenti se invece che nella vita digitale assumessero una forma fisica?
L’esperimento del maggiordomo
Chiudiamo un esperimento… Cosa rispondereste ad un annuncio del genere?
– leggermente modificato rispetto ad uno autentico su kijiji.it –
Maggiordomo/assistente, bellissima presenza e cultura universitaria, modi gentili, massima flessibilità e disponibilità e determinazione al mantenimento dei più alti standard di servizio. Disponibilità immediata e a viaggiare. Si richiede e si offre la massima serietà. Servizio totalmente gratuito. Si richiede autorizzazione a usare informazioni raccolte (come foto, video, spostamenti vostri e dei vostri famigliari, acquisti effettuati, storico ricerche online) per migliorare le mie previsioni sulle vostre scelte di consumo. Queste informazioni raccolte potranno essere passate ad altri maggiordomi, quello che poi ne viene fatto non è qualcosa che viene controllato direttamente da me o altri. Di nuovo: servizio totalmente gratuito e inoltre ogni giorno troverete insieme alla colazione di vostra scelta, una brochure promozionale del tutto personalizzata solo per voi, ritagliata attorno alle vostre abitudini ed emozioni del giorno. La brochure potrebbe essere accompagnata da fake-news, teorie cospirazionistiche e causare depressione. Il servizio di maggiordomo è totalmente gratuito e continuerò a difendere la vostra privacy.
Alessandro è Head of Service Design di Generali Italia e co-founder di Mirai Bay con cui collabora come Strategic Advisor per le aree di organizzazione, innovazione e strategia di business.