Quando mi chiedono di cosa mi occupo e rispondo che lavoro con un’agenzia di “Growth Hacking”, gli sguardi che mi si palesano davanti sono spesso sbigottiti. Finisco per dire che mi occupo di pubblicità online.
Tutti felici e contenti, sguardi distesi e va bene così.
Dunque che cos’è questo “Growth Hacking”? Qual è il suo obiettivo principale?
Se chiediamo aiuto alla grande amica tuttologa dell’uomo, la gigante Wikipedia, ci dice: “The goal is to rapidly test ideas that can improve the customer journey, and replicate and scale the ideas that work and modify or abandon the ones that don’t before investing a lot of resources”.
Detto in tre parole? Testare, ottimizzare e scalare.
Prendi un e-commerce che non funziona, lo rivolti come un calzino, fai quei 264 A/B test e via che si alza il fatturato.
Così tanto semplice? Insomma…
Chiarito questo primo aspetto, passiamo alla seconda parte del racconto. Cosa diavolo ci fanno nello stesso articolo Elon Musk, il Growth Hacking e lo spazio cosmico!?
Ora iniziamo ad unire i puntini.
Musk è sostanzialmente un folle: uomo più ricco del mondo che passa le giornate a twittare meme, si diverte a far oscillare i mercati con qualche hashtag e nel tempo libero gestisce un’azienda aerospaziale con l’obiettivo di colonizzare Marte.
Sì, avete capito bene: Marte.
Non un atollo nel Pacifico, non il punto più remoto dell’Antartide, non la Luna, bensì Marte.
Con i soldi incassati dalla vendita di PayPal, infatti, il buon Musk ha fondato nel 2002 SpaceX, un’azienda aerospaziale creata con il grande obiettivo di costruire tecnologie adatte a ridurre i costi di accesso allo spazio.
Musk dichiarò, inoltre, nel 2016 che avrebbe portato il primo uomo su Marte entro il 2024, con lo scopo di creare una colonia da 80.000 persone.
Utopico, certamente. Impossibile? Meh…
Bene, Growth Hacking, Musk e lo spazio. Tutti i puntini sono stati uniti, ma ne manca ancora uno per fare chiarezza.
Sicuramente avrete sentito la notizia di qualche tempo fa, anche perché ha fatto il giro del mondo, tenendoci tutti col fiato sospeso.
Il prototipo Starship SN15, creata proprio da SpaceX, ha completato con successo il primo test di volo. Pensata per missioni umane sulla Luna e su Marte, il lancio è avvenuto il 5 maggio dalla base di Boca Chica, Texas.
Una grande notizia per Musk, dopo che le navicelle SN10 e SN11 sono esplose a marzo durante le fasi di atterraggio. Invece di procedere con i successivi prototipi SN12, SN13 e SN14, SpaceX ha costruito direttamente il prototipo SN15 apportando diversi miglioramenti, sia al design, che all’avionica.
In vista dei prossimi lanci di SN15, l’attesa cresce sempre di più: si concluderanno con successo? O SpaceX dovrà iniziare a pensare a SN16?
L’impresa di SN15 ha rappresentato un bel riscatto, dopo che alcune testate giornalistiche autorevoli avevano parlato di “fallimento” in relazione ai lanci precedenti. Quando, in realtà, SN10 ed SN15 sono lontani anni luce da essere definiti fallimenti.
Musk, infatti, non sta facendo nient’altro che applicare il Growth Hacking (ricordate la definizione di Wikipedia?) ad un’azienda aerospaziale: testare, raccogliere i dati, scalare. Testare, raccogliere i dati, scalare. E così via.
L’unica differenza è che Musk scala verso l’infinito e oltre nel vero senso della parola!
Il visionario sudafricano sa che investire miliardi per la costruzione di una navicella definitiva per andare sul Pianeta Rosso, senza prima condurre dei test, sarebbe un suicidio, economico e molto probabilmente anche fisico.
Con SN1 ha iniziato così, “semplice” serbatoio di prova, passando poi a SN2, SN3 e così via, aggiungendo man mano nuovi tasselli con un occhio già rivolto verso il progetto successivo: SN15 è l’esempio che testare porta, presto o tardi, a esiti ottimistici.
Capite bene che pensare all’uomo su Marte nel 2024, a questo punto, non suona poi neanche così tanto utopico.
Il Growth Hacking, dunque, è concettualmente più semplice di quanto si possa pensare. Applicarlo con successo ai giusti processi e progetti, un po’ meno.
Dai Elon, fallo anche per noi, portaci su Marte e continua a testare navicelle spaziali come fossero pulsanti di un sito web!