M di Marketing: il glossario di MIRAI BAY

Miraiers esperti di maekting al lavoro

Vuoi diventare un* top marketer ma temi anglicismi e tecnicismi? MIRAI BAY spazza via ogni tua paura: il nostro nuovo glossario è a prova di principianti (e, a tratti, anche di pessimi umoristi). 

 

Gli essenziali

Advertising (abbreviato spesso in ADS o ADV)

Con il termine advertising indichiamo qualsiasi forma di pubblicità pagata che l’azienda utilizza per promuovere i propri prodotti o servizi. Le abbreviazioni ads e adv (sui social spesso precedute da hashtag) sono ricorrenti soprattutto online, a fronte dell’introduzione di inserzioni o contenuti sponsorizzati sfruttati per catturare l’attenzione degli utenti. 

Tutti i canali di comunicazione possono essere impiegati per fare advertising, e oggi è bene ragionare in un’ottica di omnicanalità, integrando i diversi media e le diverse soluzioni in modo armonico ed efficace. 

AIDA

In questo caso non si tratta di un’opera lirica, e nemmeno di una canzone di Rino Gaetano. Nel marketing, AIDA è acronimo di Awareness, Interest, Desire ed Action, e individua un modello di analisi del comportamento del consumatore, che dalla conoscenza del brand arriva fino al compimento di una determinata azione. 

Il modello è definito anche modello di Lewis, dal nome del suo teorizzatore Elias St.Elmo Lewis, pioniere del marketing che cercò di studiare il funzionamento della pubblicità. Figlio del pensiero behaviourista (comportamentalista), sosteneva che la pubblicità fosse effettivamente in grado di spingere il fruitore all’azione. L’AIDA si è poi evoluto nel customer journey, di cui puoi leggere la definizione più avanti.

Approfondendo le quattro fasi dell’AIDA: 

  • L’Awareness è il momento in cui il consumatore diventa consapevole dell’esistenza del brand  grazie all’innesco di meccanismi di attivazione. In base a questo modello, quindi, dovrai innanzitutto fornire informazioni, provocare e stimolare i cinque sensi, sfruttare elementi grafici o audio per catturare l’attenzione del tuo potenziale fruitore, e ricorrere anche agli elementi che oggi caratterizzano il cosiddetto marketing nostalgico (vedi sotto). 
  • La seconda fase, l’Interest, è il momento in cui il consumatore manifesta un interesse attivo verso il brand. In questo caso, dovrai dare rilevanza, nel tuo messaggio pubblicitario, ai vantaggi che il consumatore può ricevere scegliendoti, e dovrai tracciarne le esigenze, le priorità e i problemi a cui sta cercando una soluzione. Per esempio, se possiedi un e-commerce potrai studiare il comportamento di navigazione dei tuoi utenti.
  • La terza fase è il Desire: il consumatore esprime un desiderio, una preferenza e un’effettiva volontà di acquisto di un prodotto o servizio o di adesione a quello che gli offri (ad ex. la possibilità di iscriversi alla tua newsletter). Secondo il pensiero di Lewis, l’impiego della pubblicità è in questo caso funzionale ad accentuare gli aspetti positivi che il tuo prodotto o servizio presenta rispetto a quello dei tuoi competitor. 
  • La quarta e ultima fase, l’Action, prevede che il consumatore svolga effettivamente un’azione, come iscriversi alla tua newsletter, comprare il tuo prodotto o servizio, o partecipare a un evento, un’attività, un’iniziativa che gli stai proponendo. Il messaggio pubblicitario che stai erogando dovrà presentare una forte call-to-action, che favorisca la conversione dell’utente. 

B2C

Non è una band come gli U2, ma è acronimo di Business To Consumer e indica un modello di business in cui l’azienda vende i suoi prodotti o servizi direttamente a un consumatore finale. Avviene quindi una transazione, online o fisica, direttamente tra l’azienda e il consumatore. Differisce dal B2B, che non ti spoileriamo perché trovi la definizione alla voce successiva.

B2B

B2B è acronimo di Business To Business e, a differenza del B2C, indica un modello di business in cui le transazioni commerciali non avvengono tra azienda e consumatore finale, bensì tra un’azienda e un’altra azienda. All’interno di una filiera di produzione, per esempio, troverai diverse aziende coinvolte, diversi intermediari che generano valore. 

Brand o marca

Il brand, o marca, è un bene intangibile, determinante nella relazione che si crea tra un’azienda, un ente o un altro tipo di attore e il suo consumatore, cittadino, fruitore, pubblico.

Definiamo il brand come l’insieme di nome, slogan, logo, comunicazione, storia, reputazione e, più in generale, di tutti quegli elementi che identificano un’impresa, un’organizzazione, un ente pubblico, un’associazione, ma anche una linea di prodotti o servizi, un singolo prodotto o servizio, una nazione, una regione, un comune, un partito politico, persino una persona, come un personaggio famoso. 

Brand equity

Definiamo brand equity l’effetto differenziale che la conoscenza di un determinato brand produce rispetto alla valutazione che il consumatore compie del prodotto o servizio e / o del mercato di riferimento.

Brand reputation

La brand reputation è, a tutti gli effetti, la reputazione di un brand, ossia il risultato di percezioni, valutazioni e aspettative che i diversi stakeholder hanno rispetto a un brand.

Elementi come la storia del brand, la sua comunicazione o l’esperienza pregressa che il consumatore ha del brand incidono sulla brand reputation. 

Brand positioning

Con brand positioning intendiamo la posizione che il brand e i suoi prodotti o servizi occupano nella mente dei consumatori rispetto ai competitor (vedi sotto).

È determinato da aspetti quali le caratteristiche dei prodotti o servizi offerti, la comunicazione del brand, la sua identità (brand identity), i suoi valori e dall’esperienza del consumatore (customer experience). 

Buyer persona

Le buyer personas sono rappresentazioni fittizie dei clienti o utenti tipo che mostrano un interesse per i prodotti o servizi di un’azienda o che hanno un problema di mercato a cui il prodotto o servizio di una certa azienda può rispondere. 

Si tratta dunque di archetipi che l’azienda costruisce a partire da insight su clienti o utenti, sulla base di dati non solo di natura socio-demografica, psicografica e comportamentale, ma anche in forma di citazioni, modi di dire e di altri elementi che offrono un affondo ulteriore sui consumatori o fruitori e che permettono di ottimizzare le strategie di marketing adottate. 

Call to action

La call to action è la chiamata all’azione. Come nelle fiabe l’eroe della situazione è chiamato da un mandante a compiere un’impresa, così il consumatore o l’utente è invitato a compiere una determinata azione, attraverso un pulsante o un widget che suggerisce, con un messaggio testuale univoco, chiaro e conciso, cosa fare. 

È un elemento fondamentale nelle campagne di inbound marketing (vedi sotto). 

Competitor

Il competitor è il tuo antagonista (ma a noi di MIRAI BAY spesso piace considerarlo anche come un partner, un alleato con cui collaborare per generare e ricevere valore). 

Con questo termine identifichiamo un individuo, un’azienda o un’organizzazione che opera e concorre nello stesso mercato della tua azienda od organizzazione, cercando di vendere i suoi prodotti o servizi al tuo stesso target di riferimento. 

Customer journey 

Definiamo customer journey il processo e la strutturazione dell’interazione tra azienda e consumatore: il percorso che il consumatore affronta quando entra in contatto con l’azienda, la valuta, eventualmente ne acquista un prodotto o un servizio e – auspicabilmente – sceglie di mantenere vivo il rapporto. 

Si tratta di un’evoluzione rispetto al modello AIDA e prevede cinque fasi, ciascuna delle quali presenta diversi touchpoint grazie ai quali il consumatore crea la relazione con l’azienda: awareness, consideration, purchase, retention e advocacy. A differenza del modello AIDA, il customer journey enfatizza il momento di post-purchase (che, come vedremo, prende forma nelle ultime due fasi).

Approfondendo le cinque fasi del customer journey: 

  • Nella fase di awareness, il potenziale consumatore entra in contatto con l’azienda, ottenendo e raccogliendo informazioni rispetto ai suoi prodotti o servizi. In questa fase, sono utili canali di comunicazione da sfruttare le attività di public relation, l’utilizzo di media tradizionali come giornali, radio e televisione, il passaparola, le inserzioni online.
  • Nella fase di consideration, il potenziale cliente considera e valuta l’acquisto o meno del prodotto o servizio proposto dall’azienda, comparando la sua offerta con quella dei competitor. A livello di touchpoint, risultano funzionali le ADS sui social, le recensioni di altri utenti, blog e email marketing. 
  • Definiamo purchase la fase di vendita, in cui il consumatore acquista effettivamente il prodotto o servizio servendosi di piattaforme di e-commerce, del sito proprietario dell’azienda o di store fisici. 
  • Nella fase di retention, il consumatore diventa auspicabilmente un cliente fidelizzato. In questo caso, l’azienda deve approntare dei loyalty program, che permettano di mantenere nel tempo la relazione con il consumatore e di costruire una community attorno al brand. Forum per la community, FAQ per l’assistenza e promozioni sono utili strumenti per aumentare la soddisfazione e il senso di appartenenza del cliente, e quindi ottimizzare la retention.
  • L’ultima fase, l’advocacy, vede i consumatori fidelizzati diventare sostenitori dell’azienda: ne perorano la causa con altri soggetti e diffondono informazioni attivando un word-of-mouth (un passaparola) positivo. Strumenti efficaci sono le promozioni, il blog aziendale, le attività sui social e l’invio della newsletter.
  • Grazie alla diffusione di informazioni degli advocate, nuovi consumatori entreranno in contatto con il brand: ritorniamo così alla fase di awareness. Per questo possiamo dire che, in caso di successo, il customer journey sia un modello circolare (crea un circolo virtuoso). 

KPI

Acronimo di Key Performance Indicator, identifica una metrica che consente di misurare le performance delle azioni di marketing compiute da un’azienda al fine di raggiungere determinati obiettivi di business. 

Strategia VS Tattica 

Strategia e tattica potrebbero sembrare sinonimi, ma si tratta in realtà di due strumenti differenti. Con strategia intendiamo un insieme di attività di marketing organizzate e strutturate sul lungo termine, che hanno come finalità il raggiungimento di determinati obiettivi (i cosiddetti obiettivi strategici). Con tattica, invece, intendiamo azioni da attuare nel breve termine, delle mosse che, anche sfruttando la contingenza, supportano la strategia. 

Target 

Con target (e target di riferimento) intendiamo un insieme di consumatori che condividono bisogni e caratteristiche e a cui l’azienda decide di rivolgere la propria offerta. Nell’ambito della comunicazione, il target è l’insieme di persone, utenti, consumatori, fruitori a cui scelgo di indirizzare un determinato messaggio.

Value proposition

Definiamo value proposition la proposta di valore, l’insieme dei benefici tangibili e intangibili percepiti dal consumatore che determinano il posizionamento del brand, in base al quale si differenzia rispetto ai competitor.

 

Tutti i termini che possono esserti utili

A/B testing

A/B testing è un processo in cui sono messe a confronto due versioni di uno stesso progetto, per verificare quale delle permetta di ottenere risultati migliori. 

Ad esempio, per una webpage possiamo prevedere call-to-action, titoli, copy, layout, pulsanti o aspetti grafici differenti, pubblicare in via sperimentale due varianti della stessa pagina e analizzarne le rispettive performance, applicando metriche scelte ad hoc in base ai nostri obiettivi. 

Marketing Automation

Con marketing automation intendiamo la tecnologia che consente alle imprese e ai team di marketing di automatizzare e misurare i risultati raggiunti tramite l’implementazione di un apposito software, che pianifica, gestisce e ottimizza il workflow (il flusso di lavoro) per aumentare l’efficienza operativa e i profitti.

Big data

I big data incarnano lo spirito del nostro tempo. Sono l’anima della rivoluzione digitale, ma nonostante il termine sia usato, letto e sentito all’ordine del giorno, la definizione è piuttosto controversa. 

Possiamo tracciarne i confini seguendo l’ormai assodata regola delle tre V, in base alla quale i big data sarebbero caratterizzati da un volume immenso di informazioni, da una grande velocità di acquisizione e analisi e da una vasta varietà nella qualità e nelle tipologie di notizie che offrono. 

Per il fisico e professore Alessandro Vespignani, in realtà, «il vero big dei dati è l’essere carburante per le macchine della conoscenza che fino a ora avevamo tenuto in garage» (2019). 

Blockchain 

Di questo argomento ne abbiamo parlato nel nostro glossario ABC NFT, che introduce gli appassionati alle prime armi al mondo del web 3.0. Corri a dare un’occhiata!

Blog

Il blog è un sito o una pagina personale gestita da uno o più utenti, che si occupano del suo aggiornamento. Il termine deriva da weblog, con cui si identificavano dei diari personali che alcuni attori della rete, soprattutto agli inizi degli anni Duemila, pubblicavano online. Possono svilupparsi intorno a qualsiasi argomento o settore di riferimento, e ad oggi rimangono ancora un ottimo strumento per la comunicazione aziendale, soprattutto per la comunicazione esterna. 

Il blog è quindi un canale di comunicazione uno (o pochi) a molti (one-to-many), a differenza del forum, che consente invece a tanti utenti di intervenire in una determinata conversazione dando il proprio contributo. A livello aziendale, l’azienda che sceglie di dotarsi di un blog dovrà pubblicare, in prima persona o rivolgendosi all’agenzia che si occupa della sua comunicazione, contenuti che riguardano la sua attività. 

Clickbait

Dall’inglese, esca da click. Con il termine clickbait descriviamo qualsiasi contenuto il cui obiettivo consiste nell’attrarre l’attenzione degli utenti e spingerli al cliccare sul link presente. 

Clickbait può essere, per esempio, il titolo enfatico e sensazionale di un articolo di una testata giornalistica online che vuole attrarre lettori sulla sua pagina web a dispetto dei suoi competitori. 

Checkout

Con checkout intendiamo la fase finale del processo di acquisto online, il pagamento: dall’inserimento del tuo nominativo e delle tue informazioni, al saldo effettivo.

Si tratta di un momento fondamentale: se presenta elementi di complessità, potrebbe disincentivare il cliente a comprare il prodotto o servizio che offri. Per questo, dovrai rendere facile la registrazione e agili tutte le procedure, limitandoti a richiedere o comunicare solo le informazioni necessarie.

Copywriting e copywriter 

Se te lo stai chiedendo (non preoccuparti, ci siamo passati quasi tutti), no, il copywriting non ha a che fare con il copyright. Con copywriting intendiamo la scrittura di testi pubblicitari o, più in generale, di testi con finalità di marketing, il cui obiettivo è cogliere l’attenzione del target di riferimento e incentivare la conversione o la lead generation (vedi sotto).

Il copywriter è dunque chi che si occupa, per professione, di scrivere copy, ossia i suddetti testi con finalità di marketing. 

Customer care

Con customer care intendiamo l’insieme dei servizi con cui assistiamo il cliente in tutte le fasi del suo customer journey (vedi sotto), prima, durante e dopo il momento dell’acquisto. I processi di customer care hanno come principale obiettivo di aumentare la customer satisfaction, la soddisfazione del cliente rispetto al prodotto o servizio che gli offriamo, in modo da incentivare la sua fidelizzazione.

Dem (acronimo di direct email marketing)

Con Dem, acronimo di direct email marketing, intendiamo l’insieme delle strategie e delle tattiche che impieghiamo per promuovere prodotti, servizi, eventi, per fornire informazioni e aggiornamenti ai nostri clienti e per rafforzare la relazione che il nostro brand ha con l’audience, attraverso l’invio di messaggi di posta elettronica

All’email marketing siamo molto affezionati: scopri i successi che lo scorso anno abbiamo ottenuto per Pasticceria Martesana proprio grazie al Dem. 

Employer branding

L’employer branding consiste nel processo, nell’insieme di iniziative, con cui l’azienda costruisce la propria reputazione rispetto al suo essere datore di lavoro, per posizionarsi in un certo modo nella mente dei candidati alle job position, dei dipendenti e degli altri stakeholder coinvolti nel business. In questo modo, l’azienda punta ad attrarre, assumere e mantenere al suo interno risorse di valore. 

Le attività di employer branding sono anche funzionali a potenziare la brand identity e a generare nel dipendente un senso di appartenenza, aumentando così l’employee retention (la fidelizzazione dei dipendenti, ossia la capacità che l’azienda dimostra nel trattenere i propri talenti). 

Follower

Definiamo follower un utente che sceglie di seguire il profilo o la pagina di un altro utente, business, collettivo, con lo scopo di rimanere aggiornato sulle sue attività (nel caso di persone, sulla sua vita). 

Se i social media hanno sdoganato il termine, il suo utilizzo è stato inizialmente avviato dai primi blogger, che si seguivano a vicenda e rendevano noto alla community questo meccanismo, in una sezione chiamata blogroll.

Follower e amico (usato su Facebook) non sono termini intercambiabili. Da un lato, il processo di following è unidirezionale: un utente A può seguire il profilo di un utente B, ma non è detto che l’utente B segui il profilo dell’utente A. L’amicizia, invece, è bidirezionale e crea una connessione tra i due utenti coinvolti, implicando un certo grado di reciprocità. 

Funnel marketing

Con funnel marketing intendiamo un modello a imbuto che ogni buon marketer deve impiegare per analizzare le diverse fasi del percorso dell’utente o consumatore. Gli step del funnel marketing sono assimilabili a quelli del modello AIDA o a quelli del customer journey, di cui abbiamo già parlato. 

Approfondendo le fasi del funnel marketing: 

Il funnel marketing presenta tre processi fondamentali: pre-conversione, conversione e post-conversione

  • Del processo di pre-conversione fanno parte la fase di awareness (presa di consapevolezza dell’esistenza del brand), interest (trasformazione dell’utente generico in lead) e consideration (valutazione del brand rispetto ai competitor tramite comparazione). 
  • Nel processo di conversione il lead diventa un cliente. Distinguiamo in questo caso TOFU (top of the funnel), MOFU (middle of the funnel) e BOFU (bottom of the funnel), in base alla domanda latente o consapevole del cliente: nel TOFU ritroviamo quei consumatori che non hanno ancora espresso un interesse consapevole, nel MOFU l’utente cerca già di interagire con il prodotto, mentre il BOFU rappresenta il momento di effettiva conversione.
  • Del processo di post-conversione fanno parte la fase di retention, expansion (azioni di up e cross-sell per motivare il cliente a comprare di nuovo lo stesso prodotto o prodotti dello stesso brand) e advocacy.

Growth hacking

Il growth hacking è un nostro caro amico, uno strumento per noi imprescindibile e su cui basiamo la nostra attività. Nel dare una definizione, dobbiamo fare una distinzione tra growth hacking puro e la sua declinazione attuale, più comune:

  • Il growth hacking puro, di stampo statunitense, consiste in un insieme di strategie che, con poco effort e poco budget, hanno consentito a realtà come AirBnB e Dropbox di crescere molto velocemente: sfruttando le lacune de competitor e trovando supporto in tecnologie di scraping per l’acquisizione dei dati e la generazione di contatti, le startup che hanno applicato il growth hacking sono riuscite a raggiungere risultati incredibili.
  • Una declinazione espansa del concetto, ora più diffusa, ricalca in realtà il cosiddetto growth marketing, intesa come analisi molto precisa dei dati con obiettivi di crescita.

Guerrilla marketing

Fare guerrilla marketing significa fare marketing non convenzionale. Come suggerisce il termine guerrilla (di derivazione militare: forma di combattimento a basso costo), non si tratta semplicemente di mettere in campo soluzioni originali, ma di sfruttare risorse e strumenti low cost per promuovere un prodotto, un servizio, un’iniziativa, o anche un’idea (come accade nel caso dei movimenti attivisti). 

Il guerrilla marketing nasce negli anni Ottanta come strategia per gli small business, ma è oggi adottato anche dai big player per le loro campagne. 

Inbound e outbound marketing 

Con inbound marketing intendiamo l’insieme di attività volte ad attrarre un utente, un visitatore, un partner, un nuovo stakeholder, grazie alla creazione di contenuti di valore che catturino la sua attenzione e lo spronino alla conversione, diventando un nostro cliente. 

Opposto all’inbound marketing è l’outbound marketing, più tradizionale: se nel caso dell’inbound marketing è l’utente che si interessa alla nostra attività e sceglie di raggiungerci, nell’outbound marketing siamo noi, come azienda, a raggiungere attivamente nuovi potenziali clienti, puntando su una comunicazione one-to-many (uno a molti) e sulla promozione pubblicitaria attraverso i diversi canali 

Quindi, per esempio, forme di outbound marketing sono le inserzioni, gli spot pubblicitari, la vendita porta a porta, le chiamate dai call center, ma anche le email spam e i pop up di un sito web. Di contro, i post di un profilo social, le landing page, i messaggi inviati in un’ottica di email marketing e le risorse gratuite messe a disposizione degli utenti sono esempi di contenuti che puoi includere nelle tue strategie di inbound marketing. 

Influencer marketing

Definiamo influencer marketing strategie di marketing, molto frequenti sui social network, che prevedono il coinvolgimento di un influencer per promuovere un prodotto, un servizio, un evento o un’iniziativa di altra natura. Si tratta di una strategia applicata in particolare per le fasi di awareness, consideration e conversion del customer journey. 

Con influencer intendiamo un* vip o un* content creator in grado di influenzare l’opinione dei suoi follower. Il termine riprende in parte il concetto di opinion leader (leader d’opinione rispetto un determinato argomento all’interno di un gruppo di soggetti) e, in base al numero di seguaci, possiamo distinguere tra micro, medium e macro influencer. 

Lead generation 

Con lead generation intendiamo l’insieme di attività volte a generare lead, ossia contatti interessati alla nostra attività, investendo successivamente sulla loro conversione in clienti. 

La lead generation vede quindi la strutturazione di una lista di contatti, ottenuta soprattutto attraverso la creazione di valore con contenuti utili e rilevanti, la gestione del proprio sito, del blog aziendale e della newsletter, la realizzazione di tutorial e white paper, il corretto presidio dei diversi canali social e dell’utilizzo della SEO, in modo da comparire in posizioni favorevoli nelle ricerche tramite motori. 

Lead nurturing 

Dall’inglese to nurture (nutrire, prendersi cura), il lead nurturing è l’insieme delle attività che puntano a costruire la relazione tra l’azienda e i suoi lead, che abbiamo definito come contatti interessati alla sua attività e potenziali clienti. Questo non direttamente con l’obiettivo di generare vendite, ma in primis allo scopo di creare valore. In questo modo, il legame del contatto con il brand si potrà rafforzare al punto che il lead passerà allo step della conversione, trasformandosi in cliente. 

Lead scoring

Definiamo lead scoring l’assegnazione di un punteggio ai lead sulla base del valore che l’azienda attribuisce loro, a partire da dati demografici, legati alla professione o connessi alla loro relazione con il brand. In questo modo, è possibile ordinare i contatti in termini di priorità e individuare un cluster di lead più qualificati, che con maggiore probabilità potranno convertirsi in clienti effettivi. 

Marketing della nostalgia 

Con marketing della nostalgia identifichiamo quelle strategie di marketing, oggi sempre più diffuse, che investono sulla creazione di un effetto di nostalgia, effettiva o simulata

Pensa, per esempio, alla colonna sonora di Stranger Things, serie Netflix ambientata nell’America degli anni Ottanta e che ha riscosso e continua a riscuotere un successo planetario: in questo caso abbiamo il recupero di canzoni pubblicate all’epoca, che un pubblico più adulto associa alla propria giovinezza (nostalgia effettiva) e che genera nel target più giovane, pur non avendo vissuto in quegli anni, il desiderio del passato, di rivivere quel periodo di cui hanno un’esperienza soltanto mediata dai mezzi di comunicazione, dai racconti familiari e simili (nostalgia simulata). 

Marketplace

Il marketplace è come un grande centro commerciale elettronico: è una piattaforma che, grazie a un sito web e/o un’app, consente il commercio online, ospitando tante aziende diverse e mettendo a disposizione degli utenti una vasta offerta, con una miriade di prodotti o servizi. Alcuni esempi arcinoti sono Amazon in ottica generalista, eBay per le aste, Zalando per i vestiti, Booking e Airbnb per il turismo.

Media planning

Con media planning intendiamo la pianificazione dei canali mediali che vogliamo includere nelle nostre strategie di marketing e sui quali investiamo per raggiungere i nostri obiettivi. Alcuni addetti ai lavori preferiscono distinguere tra online o digital media planning, social media planning, TV media planning, ma nella pratica e nel mercato attuale è bene includere tutti i canali, con un approccio crossmediale e omnichannel.

Media budget

Con media budget intendiamo il budget pubblicitario, le risorse economiche che l’azienda alloca per svolgere le attività di advertising.

MVP

Acronimo di Minimum Viable Product, definiamo MVP una versione base del prodotto che vogliamo offrire, un prodotto o servizio minimo privo di tutte le sue funzioni che cominciamo a mettere sul mercato, con l’obiettivo di ottenere dei primi feedback per poterlo migliorare. 

Payoff

Con payoff (o tagline) intendiamo una breve frase, normalmente posta sotto il nome del brand, nel suo logo, che sintetizza il posizionamento dell’azienda fornendo informazioni integrative rispetto al semplice nome e contribuendo quindi a delineare l’identità di marca nella mente del consumatore. Degli esempi di payoff che sicuramente conosci? 

  • Unieuro: Batte. Forte. Sempre. 
  • McDonald’s: I’m lovin’ it. 
  • Nike: Just do it. 
  • Volkswagen: Das auto.
  • Red Bull: Ti mette le ali.

Podcast

Il podcast (da pod, baccello, e broadcast) è un contenuto broadcast, principalmente audio, caricato su un feed RSS (come Google Podcast) o su una generica piattaforma di streaming (come Apple Music o Spotify) e disponibile alla fruizione in qualsiasi luogo e momento. Questo aspetto, insieme alla versatilità, è uno dei principali punti di forza dei podcast: essi si prestano, infatti, al consumo nei momenti interstiziali o come sottofondo mentre l’utente svolge un’altra attività. 

L’etimologia ne suggerisce la natura e le modalità di distribuzione discreta, ossia per unità ma con una certa serialità. I podcast si strutturano infatti in serie, ciascuna delle quali è composta da un certo numero di puntate. Il termine podcast è però comunemente impiegato per definire sia una serie intera, sia il singolo episodio della serie. 

PR

Acronimo di public relations o pubbliche relazioni, è l’insieme delle attività di comunicazione interpersonale o mediata che l’azienda svolge per costruire e aumentare la propria credibilità, rafforzare la propria immagine e ottimizzare la propria reputazione, al fine di intessere relazioni con l’ambiente esterno e influenzare, in senso positivo, le opinioni che i diversi stakeholder (interni ed esterni, compresi i media) hanno del brand. 

Le attività di PR rappresentano una preziosa risorsa, di costi generalmente inferiori rispetto alle campagne di advertising, che l’azienda può mettere in campo con funzioni differenti

  • Corporate PR: valorizzano l’immagine e potenziare la reputazione e l’autorevolezza del brand presso il suo intero pubblico influente.
  • International affair: costruiscono e preservano i rapporti con le istituzioni a livello locale, nazionale e internazionale.
  • Industrial PR: curano le relazioni di tipo B2B, in particolare con i sindacati e con le associazioni di categoria.
  • Management by crisis: gestiscono le crisi aziendali dovute a problemi di comunicazione, scoraggiando la diffusione del critical issue.
  • Financial PR: gestiscono e coordina le relazioni con gli stakeholder di importanza economica e finanziaria, in particolare con gli investitori dell’azienda.
  • Marketing PR: insieme alle altre leve del marketing mix, comunicano il posizionamento del brand.
  • Internal relation: dialogano con i dipendenti e i collaboratori per aumentarne la motivazione, l’identificazione e il senso di appartenenza. 

Pricing

Il pricing è il processo attraverso cui definiamo il prezzo di un prodotto o di un servizio sulla base di una molteplicità di fattori, quali i costi di produzione, il prezzo assegnato a prodotti e servizi dai nostri competitor, il posizionamento del nostro brand e l’andamento del mercato. In sintesi, le strategie di pricing si possono basare sul costo del prodotto, sulle scelte dei competitor o sulla variazione della domanda da parte dei consumatori. 

Product placement

Fare product placement significa promuovere un prodotto o servizio all’interno di un determinato contenuto mediale (una trasmissione, un film, una serie TV) senza interrompere la narrazione o, più in generale, la struttura del suo normale svolgimento. Per esempio, se un personaggio di un film sta cucinando e l’inquadratura mette in bella vista la marca della busta di verdure utilizzate, questo è un caso di product placement. 

Il product placement è per questo definito anche embedded marketing, proprio perché insito in un dato programma. Il suo obiettivo è dare visibilità a un prodotto o servizio in modo indiretto, in contesti narrativi o di intrattenimento che in qualche modo si collegano al brand. In particolare, distinguiamo tre tipi principali di product placement: 

  • screen placement: il prodotto o servizio è mostrato in primo piano o sullo sfondo;
  • script placement: il prodotto o servizio è menzionato a parole;
  • plot placement: il prodotto o servizio diventa parte integrante della narrazione. 

Prospect

Con prospect indichiamo qualsiasi soggetto che, a seguito di un primo contatto con la tua azienda, puoi considerare in linea con il tuo target, interessato ai tuoi prodotti o servizi e quindi un potenziale cliente. 

Per alcuni il prospect precedere il lead ed è quindi più lontano dalla conversione. Per altri, invece, il prospect rappresenta un lead qualificato, più vicino all’acquisto. Seguendo il pensiero dell’economista Philip Kotler (1967/2011), pioniere degli studi di marketing, il prospect può essere considerato interessato alla value proposition dal momento che ha già richiesto una proposta commerciale all’azienda. 

Rebranding 

Con rebranding intendiamo l’insieme delle attività con cui l’azienda cambia strategicamente la propria brand identity, ossia la propria identità, e di conseguenza la sua brand image, ossia il modo in cui il brand viene percepito da parte dei consumatori e di tutti gli altri stakeholder. Il cambiamento può coinvolgere il logo, il design, il modo di comunicare, persino il nome, portando eventualmente a un nuovo posizionamento della marca. 

Distinguiamo quindi il rebranding evolutivo, graduale, che riguarda principalmente gli elementi grafici e lo slogan, dal rebranding rivoluzionario, più netto e radicale, che riguarda ad esempio il nome e che cambia il posizionamento dell’azienda. 

Remarketing

Definiamo remarketing quella strategia che consente all’azienda di inseguire, di recuperare la propria audience: quegli utenti che, pur avendo visitato il sito web, non hanno compiuto un’azione desiderata, in particolare in ottica di conversione. A questi utenti vengono inviati messaggi pubblicitari che li invitano e spronano a tornare sul sito, aumentando le possibilità che compiano questa azione (come l’acquisto del prodotto o servizio che l’azienda offre). 

Retargeting

Il termine retargeting è spesso utilizzato come sinonimo di remarketing, e indica l’insieme delle operazioni che consentono il recupero dell’audience attraverso campagne di advertising a pagamento e il conseguente reindirizzamento sul sito web. 

Rispetto al remarketing, per alcuni autori il retargeting tiene conto delle caratteristiche dell’utente e utilizza modalità diverse per il suo coinvolgimento. In particolare, distinguiamo tra retargeting statico e retargeting dinamico: 

  • Il retargeting statico prevede una targettizzazione del pubblico di riferimento, lavora sulle diverse fasi del funnel e vede l’impiego di contenuti standardizzati per raggiungere gli utenti. 
  • Il retargeting dinamico, invece, si avvale di tecnologie più sofisticate (come il machine learning) e prevede contenuti personalizzati per ogni utente, sulla base dei comportamenti d’acquisto. 

SEO

SEO è l’acronimo di Searching Engine Optimization e comprende tutte le tecniche che puoi adottare per ottimizzare il tuo sito web e i tuoi contenuti a seconda dei requisiti previsti dai motori di ricerca. Grazie alla SEO potrai ottenere una posizione migliore tra i risultati di ricerca, che può garantirti (ovviamente) una maggiore visibilità. 

Tone of Voice

Spesso abbreviato in ToV, con tone of voice intendiamo il tono di voce che il brand utilizza nelle sue comunicazioni e con cui veicola la propria identità. Si tratta quindi di come il brand parla al suo pubblico. 

Vanity metrics

Definiamo vanity metrics tutti gli indicatori numerici che non ci offrono informazioni utili a misurare, in modo efficace, le performance delle strategie che abbiamo messo in campo. 

Sono esempi di vanity metrics i like, i commenti, le condivisioni di un singolo post, o il numero di follower del tuo profilo: è importante tenerne conto, ma il rischio è quello di considerare i dati fuori dal contesto, ottenendo una visione semplicistica dei risultati. Piuttosto, è bene che questo tipo di informazioni siano integrate, contestualizzate, messe in relazione e analizzate caso per caso, per trarre degli insight davvero di valore.

Non solo KPI: tutte le metriche

  • CAC (customer acquisition cost): somma di risorse e denaro che l’azienda investe o è disponibile a investire per acquisire un nuovo cliente. 
  • CPC (cost per click): nelle campagne pay per click, costo medio necessario a ottenere un click sul proprio annuncio
  • CPL (cost per lead): costo medio necessario alla generazione di un nuovo lead, ottenuto dal rapporto tra la somma investita in pubblicità e il numero di lead creati. 
  • CPM (cost per mille): importo necessario a ottenere mille visualizzazioni di una campagna pubblicitaria. Si ottiene moltiplicando per mille il rapporto tra l’investimento in pubblicità e il numero di contatti generati.
  • Frequenza: numero di volte che un utente vede l’inserzione.
  • LTV (lifetime value): stima del reddito medio generato da un soggetto nell’arco di tempo in cui si pone come cliente dell’azienda. 
  • ROI (return on investment): ritorno sull’investimento, dato dal rapporto tra il reddito operativo (i tuoi ricavi, il tuo utile, al lordo delle imposte e degli interessi) e il capitale investito. Si tratta di un indicatore di redditività funzionale a misurare l’efficacia dell’investimento di risorse.
  • ROAS (return on advertising spend): indice di redditività calcolato sulla base del rapporto tra i ricavi ottenuti dall’investimento pubblicitario e il costo della campagna pubblicitaria.

TI È PIACIUTO QUESTO ARTICOLO?
CONDIVIDILO CON CHI AMI! 💙

Ricevi un regalo

Entra nella lista d'attesa per ricevere il nostro libro prima di tutti gli altri!

Cliente

Vuoi lavorare con Mirai?

Collaboratore

Vuoi lavorare in Mirai?