Senza digitalizzazione, non c’è internazionalizzazione: da questo assunto di partenza è nata nel 2018 la partnership tra MIRAI BAY, la digital company associata a UNA (Aziende della Comunicazione Unite), e Making Business Happen (MBH), società di consulenza sui servizi di internazionalizzazione fondata nel 2011 da Silvia Mariani.
La nostra collaborazione, diventata sempre più salda nel tempo, affonda le sue radici nei valori comuni e nella complementarietà delle competenze, ma anche nella relazione con un cliente (all’epoca) condiviso che ha portato al nostro incontro. Tra i risultati del sodalizio, anche il nuovo servizio che offriamo alle aziende italiane, l’affiancamento nell’approdo su Alibaba, piattaforma leader nel commercio digitale B2B sempre più vantaggiosa per le PMI del nostro Paese.
A cinque anni di distanza, abbiamo fatto due chiacchiere con Silvia, per confrontarci sull’importanza del nostro legame, sul ruolo di Making Business Happen e MIRAI BAY nel panorama attuale, e su cosa significhi oggi, per le nostre imprese, espandere il proprio business oltre i confini nazionali.
Come nasce una partnership: l’inizio della collaborazione
Making Business Happen: un network di aziende
Making Business Happen si caratterizza per la sua struttura organizzativa flessibile: un hub, un network di aziende e professionisti che lavorano per offrire sostegno alle piccole e piccolissime imprese italiane.
“Nasciamo per costruire un supporto efficace, concreto e di successo per tutte quelle realtà che fanno cose straordinarie, ma che al loro interno non hanno dei manager che presidiano le attività di internazionalizzazione” – racconta Silvia. “Quindi mi sono inventata un business model che potesse consentire a tutte le aziende di aprirsi e competere sui mercati internazionali. Al contempo, ci impegniamo per attrarre investimenti esogeni sul nostro territorio”.
Dalla fondazione della sua sede fiorentina, allo sviluppo del business negli Stati Uniti (con le sedi di New York, Houston e Hollywood), Making Business Happen ha sempre visto nelle partnership la modalità principe attraverso cui le imprese, anche le PMI, possono crescere: “Se pensiamo alla crescita di un’azienda soltanto come endogena, come risultato dell’acquisizione di nuovi dipendenti, ci si preclude la possibilità di sviluppare quell’effetto moltiplicatore che deriva dalla contaminazione con altre realtà, anche appartenenti ad altri segmenti di business e localizzate in altre parti del territorio”.
L’importanza delle partnership: il legame con MIRAI BAY
In questo solco si colloca anche la collaborazione con MIRAI BAY, avviatasi – come accennato – da un fatto di competenze e di relazioni. “Il fatto di competenze – spiega Silvia – era quello che, con lo sviluppo del mondo digitale, dei social, della dimensione del metaverso, era importante per noi poter contare su una realtà con competenze verticali molto specifiche, che a me non interessava avere all’interno del mio team. Questo perché la competenza digitale è una competenza con un altissimo livello di obsolescenza, e diventa quindi fondamentale avere una relazione esterna con soggetti che si focalizzino verticalmente su queste attività e si tengano continuamente aggiornati”.
“Per quanto concerne le relazioni – continua Silvia – l’incontro con MIRAI BAY nasce da un nostro cliente comune, La Scolca di Chiara Soldati. È stato dunque un cliente che ci ha fatto incontrare. Adesso siamo nel 2023, e la nostra è una collaborazione che, come tutte, ha dei momenti di criticità, ma i momenti di criticità sono sintomatici dei momenti di crescita. Gestiamo tantissimi clienti insieme e siamo diventati sempre di più una struttura unica”.
Digitalizzazione: perché è importante per internazionalizzarti
Come MIRAI BAY supporta l’internazionalizzazione grazie al digital marketing
Come MIRAI BAY, anche Making Business Happen crede nel valore delle persone, nel rispetto del cliente, ma soprattutto nella necessità di portare le attività sempre a un next level, a un livello superiore. Questo significa anche scegliere la giusta flotta per navigare nel mare magnum della trasformazione digitale.
Ci racconta Silvia: “Per poter accompagnare il brand a crescere a livello internazionale e ad avere successo sui mercati esteri, è fondamentale, se non obbligatorio, creare un’identità digitale. Una volta realizzata, bisogna poi lavorare sulle performance online, in modo che siano tali da non solo dare visibilità al brand, ma anche creare business, per esempio attraverso la generazione di contatti. Questo si ottiene con tutte le attività di MIRAI BAY che noi suggeriamo di mettere in campo ai nostri clienti”.
La gestione del dato e l’analisi del contesto: far diventare contratti i contatti
“Per il processo di internazionalizzazione è fondamentale il processo di digitalizzazione dell’impresa – prosegue Silvia Mariani. – Questo significa mettere nelle condizioni anche le imprese piccole e piccolissime di essere più consapevoli dell’importanza della gestione del dato all’interno dell’azienda. Spesso succede che le persone partecipino alle fiere, distribuiscano i propri biglietti da visita, poi tornino a casa e niente accade. Perché? Perché quel dato resta un dato morto, non nutrito, coltivato. In realtà, non dovrebbe rimanere un contatto, ma diventare un potenziale contratto. È quindi importante che i dati vengano inseriti in un database, a partire dal quale prendano avvio attività di marketing finalizzate, in ultima analisi, alla conversione”.
“Ovviamente, – conclude Silvia – la pandemia ha dato una grande spinta in questa direzione. Per un paese esportatore come l’Italia, con un 95% di piccole imprese, è stato fondamentale fare questo processo di accelerazione. Abbiamo costruito nuove modalità, phygital, destinate sia alle attività B2B sia al mondo B2C. Quest’ultimo è chiamato a offrire customer e user experience sempre più evolute, integrate e orientate ai reali bisogni soggettivi delle buyer personas. Proprio l’analisi dei consumatori, degli utenti, del contesto è diventata essenziale. Quello che infatti conta nel nostro lavoro, e che è un pilastro del digitale, sono proprio le analytics”.
Internazionalizzazione: l’approccio vincente di MBH
Una realtà certificata: parola di MAECI
Affermarsi in un mercato competitivo, in cui già operano grandi aziende, richiede una strategia di differenziazione. Le parole d’ordine rimangono sempre partnership, relazioni, competenze e digitale.
Ci racconta Silvia: “Ovviamente, Making Business Happen non è l’unica realtà in Italia a occuparsi di internazionalizzazione. All’interno del grande mondo del consulting, però, c’è una riduzione molto forte. In particolare, siamo tra le poche società accreditate come Digital Temporary Export Manager dal MAECI (Ministero degli Affari Esteri e per la Cooperazione Internazionale Italiana): possiamo accedere agli strumenti finanziati che generalmente vengono gestiti da Invitalia. Inoltre, siamo partner SAECI e SIMEST, e abbiamo le certificazioni per i voucher digitalizzazione”.
“Questo significa – specifica Silvia – che i nostri clienti (compresi i clienti di tutti i nostri partner) hanno la possibilità di accedere a competenze riconosciute, certificate, oltre che in qualche modo garantite dalle decine di progetti che abbiamo seguito in più di dieci anni”.
Soluzioni su misura: Making Business Happen abbraccia le esigenze dei clienti
Un altro aspetto fondamentale, che rende Making Business Happen un unicum nel suo settore, è il suo approccio basato sulla personalizzazione e sul design thinking: “Ci sono aziende grandissime nel nostro segmento che lavorano con metodologie molto standard. Questo non è il nostro caso. In qualità di D-TEM, diventiamo il back office del nostro cliente, usiamo tutti gli strumenti digitali per avere questo collegamento con l’azienda 24 ore al giorno, e non lavoriamo sulla base del tempo, ma sulla base dei risultati”.
“Soprattutto, – continua Silvia – tutti i nostri progetti sono customizzati, costruiti sulle reali esigenze dell’azienda. Questo perché i nostri clienti sono molto diversi tra loro. Alcuni partono da zero, e sono le aziende che prendiamo per mano con MIRAI BAY per costruire tutti gli asset. Poi ci sono aziende che hanno già fatto delle esperienze, e con loro lavoriamo su alcuni mercati”.
“Mercati – precisa Silvia – intesi non solo in senso geografico, ma anche in termini di canali di distribuzione, compresi marketplace e e-commerce. Non a caso, uno dei temi su cui stiamo lavorando con MIRAI BAY proprio in questo periodo è la piattaforma Alibaba, sempre più appealing per i prodotti del Made in Italy”.
Il futuro internazionale del Made in Italy (non chiamatelo così)
Quale futuro per il Made in Italy a livello internazionale?
Risponde Silvia Mariani: “Vedo un futuro roseo per l’Italia e per i prodotti italiani. Per il 95% di piccole imprese italiane che fanno cose buone, straordinarie, con una storia da raccontare. Vedo anche, però, un aspetto di criticità: una cultura aziendale non ancora pronta, o non sempre pronta a recepire questo tipo di sfida”.
“A maggior ragione, quindi, – continua Silvia – il lavoro che come Making Business Happen e MIRAI BAY possiamo fare insieme è farci carico di un’educazione, di un’alfabetizzazione rispetto a tutte quelle opportunità che spesso rimangono precluse proprio perché non si conoscono, oppure perché abbiamo difficoltà a raggiungere le nostre PMI”.
Making Business Happen per il Made in Italy: TasteItalian!
Nello specifico, Making Business Happen si impegna nella promozione del Made in Italy, inteso come insieme di saperi e competenze: una cultura vincente per la dimensione contemporanea. Questo, in primis, grazie alle – già citate – sedi statunitensi di Making Business Happen USA. In particolare, l’ufficio di New York è localizzato in un luogo denominato, non a caso, Piazza Italia, in un building dove convivono 34 aziende italiane.
“Non siamo mai da soli, perché da soli non si va da nessuna parte – afferma Silvia. – Siamo in un contesto in cui diventa veramente importante presidiare i mercati. Per questo abbiamo scelto di essere a New York, a Hollywood, a Houston, e lo facciamo all’interno di un concetto, stare insieme ad altre realtà italiane. Essere tutti insieme per portare avanti un’idea diversa di internazionalizzazione”.
Prosegue Silvia: “Questo è anche il motivo per cui nel 2014 Making Business Happen ha creato il suo umbrella brand, Tasteitalian!. Abbiamo capito da subito che gli importatori non sono tanto interessati ad avere di fronte un prodotto, piuttosto a una serie di prodotti integrati in una platform”.
“Di recente – aggiunge Silvia – abbiamo lanciato la TasteItalian! Academy. Non vogliamo sostituirci a università, centri di ricerca o istituti di vario genere. Vogliamo andare nel mondo a portare i racconti e i saperi dei nostri produttori, in ogni ambito, creando così una forma di ispirazione per i più giovani: un incentivo ad affrontare in maniera imprenditoriale sogni e progetti, e in questo modo andiamo anche a creare un soft power del Made in Italy, del concetto di Italia nel mondo.”
Un nuovo concetto d’Italia nel mondo: non chiamiamolo Made in Italy
Riassumere il “concetto di Italia nel mondo” con l’espressione Made in Italy non risponde più alle logiche della globalizzazione, alla fluidità con cui anche le conoscenze vengono oggi condivise. Serve quindi una svolta semantica. “Noi non vogliamo più internazionalizzare il fatto che un prodotto sia realizzato nel territorio italiano – specifica Silvia Mariani. – Vogliamo internazionalizzare il nostro know-how, il nostro genius loci, quello che gli italiani sono stati capaci di portare nel mondo e che viene fatto nel mondo grazie al DNA della nostra tradizione culturale”.
“Questo è un grande portone che si apre nei mercati esteri, soprattutto per i settori in cui siamo più forti – sottolinea Silvia. – Dobbiamo smettere di pensare di star esportando il singolo vestitino, piuttosto dobbiamo valorizzare la competenza di come si cuce un abito. È un salto di qualità nella concettualizzazione del processo di internazionalizzazione, non più fatto di prodotti ma di saperi, competenze e storie da raccontare”.
E conclude: “Noi di Making Business Happen non ci limitiamo a fare export management. Vogliamo anche lavorare con pensieri lunghi, per mantenere alto il livello di competitività delle nostre imprese. Non è una cosa da dare per scontata, specialmente per le generazioni più giovani, per le quali non è più importante dove viene fatto il prodotto, ma che quel prodotto rispetti i criteri di inclusività o sia sostenibile. Ecco perché il nostro obiettivo non è mettere un prodotto su uno scaffale, ma creare valore intorno alle attività di internazionalizzazione intraprese dalle aziende”.
Social Media Manager