Internazionalizzazione: apri il tuo store su Alibaba.com grazie ai finanziamenti agevolati

Nel panorama contemporaneo, intraprendere un percorso di internazionalizzazione non è più un’opzione facoltativa: si tratta ormai di un obbligo. Una necessità per sopravvivere prima e diventare una realtà competitiva a livello globale poi. Soluzioni come Alibaba.com consentono di espandere il proprio business in altri mercati, non solo in Cina come si potrebbe pensare, ma in 190+ paesi e regioni che sulla piattaforma sono rappresentati.

Nelle “puntate precedenti” ti abbiamo raccontato perché Alibaba.com è sempre più vantaggioso per il Made in Italy, quali sono i settori in cui le eccellenze italiane sono particolarmente presenti e richieste, e abbiamo risolto cinque dubbi che anche tu potresti avere. Tra questi, il timore che accedere e affermarsi sul marketplace possa essere oneroso, richiedendo un investimento superiore alle possibilità delle piccole e piccolissime imprese.

Una preoccupazione più che lecita, in una situazione di precarietà economica come quella che stiamo attraversando. Per questo, abbiamo pensato di approfondire l’argomento insieme a Silvia Mariani, Founder & CEO di Making Business Happen, società di consulenza per l’internazionalizzazione che dal 2018 è nostra partner.

Direttamente dal suo splendido ufficio di Firenze, Silvia ci ha spiegato perché l’internazionalizzazione è così importante, al punto che Stato e regioni aiutano le aziende in questo tipo di processo. Quali sono le ragioni e gli obiettivi dietro i finanziamenti pubblici messi a disposizione delle realtà italiane? Perché l’Agenzia ICE e Alibaba.com hanno avviato una collaborazione, con la nascita dell’Italian Pavilion nel 2020? E ancora, quali sono le best practice per le nostre imprese? Scopriamolo insieme.

Perchè internazionalizzarsi è una necessità, non solo un’opportunità

Le motivazioni dietro al processo di internazionalizzazione

Partiamo dall’inizio: complessivamente, l’internazionalizzazione non è più un optional. “Ormai – racconta Silvia – la competitività non è soltanto un problema della singola azienda: è un tema che riguarda i territori, le nazioni. Diventa un aspetto di carattere geopolitico, perché va a influire sulla capacità del Paese non solo di attrarre investimenti esteri, ma anche di mettere le nostre aziende in grado di competere e quindi di far crescere il valore del marchio Made in Italy”.

“Questo – continua Silvia – in un contesto globalizzato, dove si assiste a una serie di fenomeni che hanno un impatto diretto e indiretto sull’internazionalizzazione. Per esempio, è evidente una tendenza delle economie a chiudersi, ad innalzare le cosiddette barriere pre-competitive, come dazi, dogane e certificazioni. Dall’altro lato, si procede verso una deglobalizzazione selettiva”.

“L’internazionalizzazione – specifica Silvia – è un processo complesso: il primo stadio è rappresentato dall’export, ovvero la vendita del prodotto o servizio all’estero, ma in realtà, nel quadro della potenzialità che questo processo offre, siamo chiamati a esaminare anche le modalità con le quali far rimanere stabilmente l’azienda sul mercato sia con la distribuzione che con la produzione in alcun casi, anche grazie alla creazione di relazioni con partner locali strategici e alla creazione di join venture”.

Perché l’amministrazione pubblica si interessa all’internazionalizzazione?

Ci sono diverse ragioni. Come spiega la CEO di Making Business Happen: “Il primo motivo, spesso sottovalutato ma in realtà prioritario, è che il tessuto economico e imprenditoriale italiano è caratterizzato da aziende piccole e piccolissime che non hanno manager e che sono scarsamente capitalizzate”.

Cosa si intende con scarsamente capitalizzate? Risponde Silvia: “Si intende che non c’è la cultura di investire costantemente sull’azienda con aumenti di capitale e patrimonializzazione degli asset. Unitamente a questo, purtroppo, siamo anche un paese di “inventori”,  con un grande potenziale in termini di innovazione, di creatività e di ricerca tecnologica, ma allo stesso tempo, con pochissima propensione alla protezione delle idee, alla brevettazione e alla valorizzazione dei marchi. Ecco perché uno degli elementi sui quali, a livello ministeriale, si è investito negli ultimi anni è proprio l’incentivo alla protezione del marchio, alla valorizzazione del patrimonio intangibile dell’azienda e del suo know-how”.

“Secondo motivo, – prosegue Silvia – internazionalizzare vuol dire approdare in nuovi mercati, e quindi creare ricavi. Se siamo in grado di competere, di creare ricavi, siamo anche capaci di mantenere buoni i livelli occupazionali sul nostro territorio, elemento cruciale dello scopo sociale o dell’obiettivo di ogni tipo di governo. Infine, il terzo aspetto è che, grazie alla capacità di internazionalizzare le nostre eccellenze, si  riesce a costruire quella dimensione di soft power, che consente al nostro Paese di beneficiare di un alto livello reputazionale che facilità le relazioni internazionali multilaterali”.

La nascita di nuove professioni

Più in generale, è strategico che le amministrazioni pubbliche si facciano carico di incentivare il processo di internazionalizzazione perché, specialmente all’inizio, le piccole e piccolissime imprese potrebbero non disporre delle risorse necessarie per affrontare il mercato globale.

Le risorse sono da definirsi sia in termini di competenze, sia in termini finanziari. In particolare, la necessità di skill specifiche ha contribuito alla nascita di nuove professioni: “Il digital manager, il digital export temporary manager, sono figure collegate a un processo di modernizzazione del mondo del lavoro, ma anche indotte da un sistema pubblico che finalmente ha cercato di ascoltare e di leggere con attenzione i bisogni delle piccole e medie imprese”.

Quali misure e finanziamenti pubblici per l’internazionalizzazione?

Le principali misure pubbliche che incentivano il processo di internazionalizzazione hanno tutte, come obiettivo, quello di accrescere la consapevolezza e far comprendere sia l’importanza del processo, sia le criticità e le sfide che la competizione globale comporta. In sintesi, diventa fondamentale incentivare la protezione dei marchi e l’immenso patrimonio culturale, economico, sociale, tecnologico e creativo del Made in Italy.

I finanziamenti sono destinati all’acquisto di beni e servizi, come l’inserimento in azienda di competenze, oppure l’accesso agevolato alle piattaforme e-commerce.

Vediamo insieme come funziona.

Finanziare le competenze

Ci spiega la Founder & CEO di Making Business Happen: “Per quanto riguarda le competenze, le misure sono orientate a mettere a disposizione delle piccole e medie imprese italiane, appunto, delle competenze nuove, che portano con sé sostanzialmente tre elementi: la capacità di analizzare il contesto di mercato, di usare le tecnologie e gli strumenti digitali e di costruire consapevolezza fra i consumatori, perché ormai il mondo va molto verso il B2C”.

Ma non è tutto: “Le altre professionalità che le misure supportano sono quelle del digital marketing, e quindi tutto ciò che è connesso alla creazione di un’identità digitale. Quest’ultima anche in riferimento al presidio del mercato online, sia degli e-commerce proprietari, sia dei marketplace, oggi numerosissimi”.

L’importanza dei marketplace come strumenti di internazionalizzazione

A proposito dei marketplace, Silvia specifica: “Sono tantissimi e divisi a seconda dei settori merceologici, dell’area geografica e del target a cui sono orientati. Non solo sono cresciuti in termini dimensionali, ma anche in termini di volumi. Oltre ad Amazon, non è trascurabile il ruolo sempre più importante di Alibaba.com, piattaforma che negli ultimi anni si è espansa ed è evoluta. Gli interventi pubblici sono spesso andati, da un lato, a costruire delle partnership con i grandi operatori dell’e-commerce a livello globale, dall’altro sono state trasferite risorse economiche, per garantire alle aziende la possibilità di stare all’interno delle piattaforme”.

Le misure statali o regionali fanno, a tutti gli effetti, la differenza. “Oggi è possibile presidiare i marketplace attraverso pacchetti agevolati, con delle cifre sostenibili, accessibili. Lo sono ancora di più grazie a un’attenzione pubblica, legata al fatto che i marketplace stessi non siano più soltanto uno strumento digitale di per sé, ma diventano uno straordinario strumento di internazionalizzazione. Perché? Perché il marketplace consente di distribuire i prodotti e i servizi 365 giorni all’anno, 24 ore al giorno in tutto il mondo”.

Marketplace e digital marketing: come nel mondo analogico

Entrare in un marketplace come Alibaba.com non è tanto diverso da aprire un negozio nella via principale della città: “Dobbiamo avere lo stesso approccio che avremmo nel mondo analogico. Bisogna scegliere un sales manager, allestire le vetrine, fare un po’ di comunicazione, gestire i prodotti, rendere possibili gli arrivi al negozio. Con un marketplace dobbiamo fare esattamente la stessa cosa”.

“Ecco perché – sottolinea Silvia – anche noi di Making Business Happen, quando intraprendiamo il progetto di internazionalizzazione e passiamo in rassegna tutte le opzioni possibili, rispetto al mondo e-commerce indichiamo sempre che le attività della strategia di posizionamento sul marketplace e la gestione della presenza sullo stesso avvengano al fianco non solo di digital temporary export manager, ma anche di esperti di digital marketing. Lato mio personale, come imprenditrice in questo settore, è stato questo aspetto che mi ha spinta a cercare, attivare e far crescere la partnership con MIRAI BAY”.

Internazionalizzazione: best practice per l’accesso ai finanziamenti

Quali sono le aziende che i finanziamenti pubblici supportano più facilmente?

Silvia approfondisce la materia: “Dal punto di vista legislativo, i bandi pubblici, siano essi provinciali, regionali, statali o europei, tendono a privilegiare le aziende che, dal Codice Ateco, risultano manifatturiere, quindi aziende produttrici. Questa è una condizione di carattere formale. Poi ci sono aspetti di carattere culturale, come il fatto che nell’azienda si maturi la consapevolezza che, per crescere, è necessario internazionalizzarsi, che per competere sui mercati internazionali serve conoscerli”.

“In questo senso, – prosegue Silvia – è essenziale fare un’autoanalisi per capire cosa manca all’impresa per essere pronta a competere a livello globale. Esattamente come avviene quando, dal correre una maratona amatoriale con gli amici, si passa a voler raggiungere dei risultati come atleti professionisti, con un’attenzione all’implementazione di un percorso di miglioramento. Le piccole e piccolissime imprese devono necessariamente acquisire competenze esterne che supportino – almeno temporaneamente – questo tipo di processo”.

Aggiunge Silvia: “Queste ultime rappresentano un elemento molto importante, tant’è che, se andiamo a esaminare le varie categorie di finanziamento, quelle di maggiore importanza sono quelle proprio per accedere alle competenze. Le altre sono generalmente rivolte alla partecipazione alle fiere o a migliorare il livello di digitalizzazione dell’azienda. Dal punto di vista commerciale, significa anche, per esempio, migliorare nella gestione attiva dei dati”.

La gestione attiva dei dati: dal contatto al contratto

La gestione attiva dei dati è oggi un altro aspetto fondamentale: è importante che le relazioni intessute vengano nutrite, fino a che l’utente, il lead, diventa cliente. “Se il dato potenziale resta un biglietto da visita ottenuto, per esempio, nel corso di una fiera, non serve a niente. Sprechiamo risorse, cioè tutto il tempo che abbiamo dedicato agli incontri, alla partecipazione agli eventi, ai viaggi internazionali. Il nostro lavoro, insieme a quello di professionisti di digital marketing, è quello di trasformare una business card in un’opportunità, quello che noi chiamiamo contatto in una relazione commerciale, in un contratto, nella vendita di prodotti o servizi”.

Oltre a rilevare e sfruttare il dato, è poi fondamentale misurarlo e monitorarlo. Sottolinea Silvia: “Il valore che il dato, curato, gestito, e alimentato nel tempo, ci restituisce deve essere esaminato attraverso le analytics, ossia tutte quelle attività di monitoraggio, di verifica, di studio che ci consentono l’attivazione di un lavoro integrato di team con persone che hanno questo tipo di competenza analitica. Tutti questi dati vengono successivamente rimessi a disposizione di tutte le iniziative che, insieme agli esperti, si svolgono sui marketplace, e quindi diventano un valore straordinario per l’azienda”.

Ricapitolando: tutti i finanziamenti possibili

I finanziamenti, quindi, possono coprire:

  • le competenze;
  • la partecipazione a fiere ed eventi, siano essi offline o digitali;
  • l’implementazione di strumenti digitali;
  • traduzioni, necessarie per comunicare con i diversi interlocutori internazionali.

Altre misure sono gli strumenti SACE e SIMEST, realtà delle quali Making Business Happen è partner per la fornitura dei servizi D-TEM.

Ci racconta Silvia: “Gli strumenti SACE sono di carattere assicurativo, cioè a garanzia delle transazioni economiche che avvengono tra le imprese italiane e i partner esteri per proteggere la dimensione economico-finanziaria delle aziende. Il mondo SIMEST, invece, si rivolge soprattutto all’offerta di servizi legati all’export management, ma anche alla partecipazione a fiere, soprattutto alla creazione di punti vendita o di pop-up store, più in generale a investimenti di medio-lungo periodo sui mercati internazionali”.

Sempre più frequenti, infine, sono le risorse che le istituzioni, specialmente a livello governativo, mettono a disposizione per la presenza dell’Italia sulle piattaforme attraverso la creazione di padiglioni fieristici, in cui le realtà del Paese sono tutte insieme. Questo, per esempio, lo sta facendo molto bene Alibaba.com, con l’apertura del già citato Italian Pavilion nel 2020.

Alibaba.com: l’apertura strategica dell’Italian Pavilion

Nel 2020, con l’accordo tra l’Agenzia ICE e Alibaba.com, è stato aperto sul marketplace globale l’Italian Pavilion: un vero e proprio padiglione online che funge da vetrina per le realtà del Made in Italy. Quali ragioni e quali obiettivi hanno portato alla collaborazione tra il colosso cinese e la nostra istituzione? Scopriamolo insieme.

Le ragioni dell’accordo: una strategia efficace

La creazione di un unico padiglione, in cui compaiono tutte le aziende del Made in Italy, ha sicuramente un valore strategico: “Come avviene anche in occasione di fiere o di eventi internazionali, – ci spiega Silvia – ha un senso strategico tenere insieme le aziende del nostro Paese. Questo per valorizzare, con un effetto moltiplicatore, il Made in Italy”.

“Il secondo motivo – prosegue la CEO di Making Business Happen – consiste nel fatto che il padiglione consente alle aziende di avere un’opportunità sostenibile: lato economico, le aziende singole devono mettere una quota di partecipazione per poter non solo accedere, ma soprattutto rendere efficace la presenza all’interno di questo contesto. Terzo, stare dentro il Pavillon Italia vuol dire accreditare e proteggere l’autenticità italiana del prodotto”.

Le ragioni dell’accordo: un problema di pregiudizi

Motivo numero quattro: c’era un sistema di pregiudizi intorno ad Alibaba.com. “Uno di questi, molto sbagliato, – approfondisce Silvia – era pensare che Alibaba.com servisse per vendere in Cina. Oggi la scelta di vendere su Alibaba.com non è una scelta per la Cina, ma una scelta di internazionalizzazione”.

“Un altro problema era legato al posizionamento dei brand e dei prodotti italiani, specialmente da parte delle aziende con un’offerta di alta qualità. Queste ultime tendevano a storcere il naso rispetto a un marketplace di questo genere, ricalcando lo stesso pregiudizio che qualche anno fa c’era rispetto alla grande distribuzione: l’idea che se tu sei un grandissimo brand, un brand costoso, allora non puoi stare al supermercato”.

“Oggi, invece, la situazione è cambiata. Stare su una piattaforma come Alibaba.com non vuol dire tanto presidiare un marketplace per le possibilità che offre in termini di distribuzione. Significa piuttosto essere presente in un contesto accessibile a tutte quelle persone il cui lifestyle prevede che si compri online. È un concetto completamente diverso, che ha come focus il consumatore finale: l’azienda ascolta le sue esigenze e tenta di essere dove quel consumatore potenzialmente va a cercarla. Ecco perché è così importante portare anche all’interno della PMI italiana questa cultura. Ed è il motivo per cui anche un soggetto come l’Agenzia ICE ha investito in questa partnership, perché le aziende piccole o piccolissime non sarebbero mai andate da sole, singolarmente, ad approcciare questo tipo di opportunità”.

L’obiettivo dell’Italian Pavilion

Tanto per l’amministrazione pubblica, quanto per tutti i professionisti dell’export management, l’obiettivo principale è uno: “Mettere a disposizione di ogni singolo imprenditore o imprenditrice, a prescindere dalla industry, tutte le opportunità possibili”.

Ci racconta Silvia: “Non siamo più nella dimensione dell’aut aut, o facciamo una scelta o ne facciamo un’altra. Siamo nella dimensione dell’et et, e la sfida è integrare, integrare, integrare. Cercare di svolgere contemporaneamente più azioni. Questo significa, per le aziende, maggiore impegno, maggiore investimento, maggiore tempo necessario, maggiori risorse economiche e umane”. Ecco perché sostenere le PMI nel percorso di internazionalizzazione diventa essenziale.

Internazionalizzazione con Alibaba.com: i prossimi bandi

Quali bandi potrai sfruttare per sbarcare su marketplace come Alibaba.com?

Siamo in attesa di vedere i nuovi finanziamenti, a brevissimo sapremo quali sono con esattezza – ci spiega Silvia. – Intanto, sembra che gli accordi con Alibaba.com siano stati confermati. A riguardo, generalmente, il supporto offerto alle imprese è la possibilità di avere a disposizione risorse economiche grazie alle quali pagare il servizio ad Alibaba.com e ai suoi partner. Un’altra soluzione, sempre più frequente, è che le risorse vengano direttamente erogate ad Alibaba.com, poi viene aperto un bando al quale le aziende spontaneamente si candidano: sulla base di criteri esplicitati nel bando, le imprese vengono selezionate”.

“Di norma, – rassicura Silvia – il processo è molto semplice. Esce il bando, vengono date delle indicazioni rispetto all’eligibilità delle aziende, le aziende formulano le proprie candidature e poi ricevono la conferma dell’accettazione o meno. A quel punto, il team di Alibaba.com o il team dei partner di Alibaba.com contatta l’azienda e cominciano i lavori per il progetto”.

Il consiglio dell’esperta: il messaggio di Silvia Mariani

Per Silvia Mariani è fondamentale che le aziende considerino tutte le opzioni possibili per espandere il proprio business oltre i confini nazionali: “Il mio messaggio è sempre quello di valutare tutte le risorse in campo, senza pregiudizi e cominciando dall’analisi dei contesti e dei dati”.

“Questo è importante – precisa – anche nell’approccio ai marketplace globali come Alibaba.com. Bisogna sempre basare le proprie scelte sull’analisi dei dati. Per esempio, ci sono prodotti particolarmente adatti a stare su una piattaforma come Alibaba,com, altri sono meno adatti, e altri ancora non sono affatto adatti”.

E conclude: “Oggi, in realtà, c’è un livello così rapido di capacità di adattamento delle piattaforme che sono sempre più rispondenti a qualsiasi esigenza, proprio perché partono dalla lettura del bisogno dei clienti, non dal prodotto”.

Affidarsi ai professionisti: contatta MIRAI BAY

In questo articolo ti abbiamo raccontato, tra le altre cose, anche i vantaggi che comporta essere affiancati da professionisti nel percorso di internazionalizzazione. MIRAI BAY, la digital company associata a UNA (Aziende della Comunicazione Unite), è tra le società accreditate per supportarti in questo processo. Ti offriamo tutte le nostre competenze in materia di digital marketing, web design e realizzazione di creatività, abbracciando il tuo progetto come se fosse nostro.

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